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Il sovraindebitamento

I requisiti per l'accesso alla legge 3/2012


Sono trascorsi ormai 5 anni dall’approvazione della legge sul sovraindebitamento ma dobbiamo constatare, anche con una certa amarezza, che questa legge sia poco conosciuta in Italia. Proprio per divulgarne il contenuto abbiamo deciso in questo numero di Legacy di affrontare questo tema, sicuri che possa essere di forte attualità e soprattutto utile per i nostri lettori.


Introduzione

Sappiamo bene che il nostro codice civile, all’art.2740 afferma che “il debitore è responsabile con tutti i suoi beni presenti e futuri”. In parole semplici, significa che nel momento in cui si contrae un debito, questo dovrà essere onorato. Qualora ciò non dovesse accadere, il creditore, dopo aver provato il suo debito, può rifarsi sui beni di cui è proprietario il debitore o di cui ne diventerà in futuro.


Quella appena espressa è una ferma e piena garanzia per il creditore che così è sicuro nelle trattative commerciali e nella conclusione dei contratti. Alla luce di questo principio, la legge salva-suicidi non può cancellare il debito perché ciò, non solo violerebbe i diritti principali del creditore ma sarebbe contro il principio appena espresso dal nostro codice civile.


Chi può accedere ai benefici

La legge n.3/2012 può essere utilizzata soltanto dagli enti e dalle imprese che sono esclusi dalla legge fallimentare e dai consumatori privati; si fa riferimento, per questi ultimi, a quei soggetti che non sono imprenditori o che abbiano contratto dei debiti al di fuori dell’attività professionale.


Si precisa che anche quei soggetti che, pur potendo accedere alla legge di cui si discute, di fatto ne rimangano esclusi. In particolare:

1) soggetti sottoposti a procedure concorsuali;

2) soggetti che hanno già utilizzato la Legge 3/2012 negli ultimi 5 anni;

3) soggetti che erano stati ammessi ai benefici della Legge 3/2012, ma che, per fatti a loro imputabili, si sono visti revocare il provvedimento;

4) soggetti che non hanno fornito tutta la documentazione necessaria a ricostruire la loro situazione patrimoniale e economica.


Quali sono le modalità operative

La legge prevede due procedure:

1) il piano del consumatore: con questa proposta, la legge consente di poter ristrutturare il debito attraverso la soddisfazione dei crediti. In sostanza il debitore può, attraverso questo piano, proporre ai propri creditori di rateizzare il debito o di cedere alcuni beni così come anche uno stralcio degli stessi. Il piano deve essere corredato da una serie di documenti come l’elenco dettagliato di tutti creditori, delle somme dovute, di tutti i beni del debitore, l’elenco delle spese correnti del debitore e della sua famiglia per il sostentamento. Prima che la proposta venga presentata all’organo giudicante, essa deve essere presentata all’Organismo di Composizione della crisi. Quest’organo non solo funge da trait d’union tra debitore, creditori e tribunale ma ha il compito di verificare la correttezza di tutti i dati e assistere il debitore durante tutto l’iter. Il piano del consumatore con annessa relazione dell’Organismo è sottoposta al vaglio del Giudice il quale dopo aver verificato la fattibilità della proposta, potrà approvare – o meno – il piano e renderlo esecutivo attraverso l’omologa. In questa procedura chi decide è sempre e comunque il Giudice: per l’omologa non è necessario il consenso della maggioranza dei creditori.


2) L’accordo del debitore: anche in questo caso il debitore proporrà la ristrutturazione dei debiti, indicando le scadenze e le modalità di pagamento ai creditori. Il piano può prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore a un gestore, nominato dal giudice, per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori. La proposta di accordo che il soggetto sovraindebitato propone è definita “aperta” nel senso la soddisfazione del credito può essere realizzato attraverso qualsiasi modalità anche attraverso la cessione di crediti futuri. Quanto al tribunale competente, in questo caso deve intendersi quello del luogo in cui ha sede il debitore (che, riferito all’imprenditore, si intende, il luogo in cui svolge la sua attività professionale). La proposta deve essere completa di tutti i documenti che rendano chiara e trasparente l’intera posizione economica del debitore il quale, se svolge attività d’impresa, dovrà anche presentare anche le scritture contabili degli ultimi 3 esercizi. Anche in questa procedura interviene l’Organismo il quale dopo aver verificato la complessiva posizione economica del debitore e l’effettiva capacità di questo di adempiere agli accordi indicati nel piano, ne dichiarerà la fattibilità. L’iter prosegue con l’analisi da parte del giudice da parte die creditori i quali devono esprimere il proprio parere; è prevista la regola del silenzio-assenso. Questo significa che se il creditore entro 10 gg non comunica il suo parere, questo si ritiene positivo per l’accordo. La legge prevede una maggioranza qualificata affinché il giudice possa omologare la proposta; quest’ultima deve essere accettata da tanti creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti.


Non è possibile modificare da parte dei creditori la proposta così formulata nel senso che non sarà possibile fare controproposte che pertanto verranno ritenute come dissenso al piano così formulato.


Solo dopo l’assenso dei creditori, l’accordo viene omologato dal Tribunale che diventa vincolante per tutti i creditori (anche quelli che hanno espresso parere negativo).


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