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Giro di vite per i paradisi fiscali

Aggiornamento: 26 set 2019

La fine del segreto bancario e lo scandalo dei Panama Papers

Era il 3 del 2016 e le scrivanie di molti uffici cominciarono a tremare. Ben 11,5 milioni di documenti confidenziali raccolti tra il 1977 e il 2016 dallo studio legale panamense Mossack Fonseca: una fuga di notizie di risonanza internazionale dalla quale sono emerse 214 mila società offshore in gran parte collegate a politici, uomini d’affari, funzionari di governo e parenti. Tra loro anche gli italiani che negli anni hanno dato mandato allo studio legale con diverse sedi nel mondo di creare e gestire queste società nascondendo al fisco italiano rilevanti attività di natura finanziaria detenendole in Paesi a fiscalità privilegiata.


Da questo scandalo sono trascorsi diversi mesi e le autorità nazionali ed internazionali hanno messo in campo una serie di misure tesi a diminuire drasticamente il fenomeno dell’evasione, come la voluntary disclosure 1 e 2. Se quest’ultima normativa è finalizzata all’emersione delle attività non dichiarate nel quadro RW, sul fronte internazionale si cerca di agire ex ante, puntando alla trasparenza delle transazioni e delle informazioni. Facciamo riferimento al Common Reporting Standard (CRS):. I 96 Paesi che vi hanno aderito si sono impegnati a comunicarsi automaticamente tutte le informazioni finanziarie dei sottoscrittori di prodotti finanziari conclusi dagli intermediari come istituti bancari, società fiduciarie, sgr, assicuraioni vita e sim. protocollo sottoscritto da 96 Paesi.


A rafforzare questi impegni ci sta pensando anche Bruxelles. La Commissione europea ha proposto nuove norme per garantire sempre più trasparenza nelle operazioni finanziarie: proprio da Panama Papers era emerso che alcuni intermediari aiutavano le società e le persone a sottrarsi al fisco attraverso sistemi transfrontalieri complessi. Si vuole pertanto mirare a colpire non solo l’evasore, persona fisica o giuridica che sia, ma anche tutti quei professionisti che promuovono in qualche modo l’abuso fiscale. Secondo la proposta normativa i sistemi di pianificazione fiscale transfrontalieri che presentano alcune caratteristiche o "elementi distintivi" che possono comportare perdite per i governi dovranno essere automaticamente comunicati alle autorità fiscali prima di essere utilizzati.

Ma quali sono questi segnali di allerta? Ricorso alle perdite per ridurre il debito d'imposta, l'uso di speciali regimi fiscali favorevoli o di meccanismi che si avvalgono di paesi che non rispettano le norme internazionali di buona governance: solo per indicarne alcuni.


L’intermediario che realizzi questo sistema ha l’obbligo di segnalare alle autorità competenti l’esistenza di questo sistema in modo tale da consentire le verifiche del caso. Stesso obbligo di informazione ricade anche sulle persone (fisiche o giuridiche) assistite da intermediari che forniscono il sistema con sede fuori dall’Unione Europea UE o è vincolato dalle norme di riservatezza o dal segreto professionale. Al livello centrale, i governi non saranno solo deputati a ricevere i dati ma dovranno collaborare attivamente scambiando queste informazioni verificando eventuali e sospette ipotesi di pianificazione fiscale tese all’elusione delle norme tributarie locali.


La proposta così formulata sarà trasmessa al Parlamento europeo per consultazione e al Consiglio per adozione. Si prevede che le nuove prescrizioni in materia di comunicazione entreranno in vigore il 1º gennaio 2019; a partire da tale data gli Stati membri dell'Unione avranno l'obbligo di scambiarsi informazioni ogni tre mesi.


Niente più segreti, insomma.


#tax #estero

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