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Art Advisoring

Aggiornamento: 26 set 2019

Il servizio di consulenza per chi ama l'arte e non solo

Negli ultimi anni si parla molto di art advisoring e sembrerebbe quasi una novità nel servizio di consulenza soprattutto nei private banker. In realtà, già Pieter Paul Rubens (in mostra a Palazzo Reale a Milano fino al 26 febbraio 2017) nel 1600 è stato uno dei primi e più celebri art ad advisor della storia, primo consigliere e forse più importante della famiglia Gonzaga.


Dal 1600 questa figura si è pian piano evoluta per arrivare fino alla seconda metà del ‘900: l’art advisor è un professionista con competenze specifiche che accompagna collezionisti, appassionati e investitori in arte.

Come mai nasce questo interesse da parte degli investitori? Legacy lo ha chiesto a Marzia Capannolo, storica dell’arte e art advisor.

«Principalmente perché l’investimento nell’arte rappresenta un’alternativa rispetto ai classici canali dell’investimento finanziario. Al contempo si è registrata una forte crescita degli stessi valori commerciali sia delle opere d’arte sia degli artisti che vengono seguiti, monitorati da esperti ovvero art advisor ed esperti di mercato dell’arte».


Ma quali sono i metodi per comprendere il valore economico di un’opera d’arte?

«Esprimere una cifra per un’opera d’arte è sempre molto difficile perché dipende da una serie di fattori. Innanzitutto è necessario conoscere il curriculum dell’artista ossia la sua storia e quella della sua opera; la tecnica e la data di esecuzione, le dimensioni, lo stato di conservazione, la pubblicazione su riviste e cataloghi più importanti e la presenze nelle mostre».


Secondo gli ultimi dati disponibili in Italia sono state sequestrate 1687 opere d’arte false per un totale di 427 milioni di euro. Quotidianamente le cronache ci informano di numerose truffe a danno degli investitori. A Venezia il mercante Degan è stato condannato per aver messo in commercio quadri e disegni falsi di Giorgio de Chirico; sempre in Veneto altro sequestro di falsi attribuiti a Botero e Vedova. Come è possibile riconoscere un falso?

«Il mercato dell’arte affronta quotidianamente casi di questo genere, quasi del 20-30%, e molti sono avvengono anche inconsapevolmente. Innanzitutto è il caso di diffidare sempre da un prezzo basso o comunque che si discosti dalle valutazioni di mercato.

Poi bisogna fare delle verifiche molto accurate soprattutto quando ci si trova in presenza di opere d’arte del passato, ossia da artisti che non possono più dare la loro testimonianza sulla veridicità dell’opera. Innanzitutto vengono fatte delle verifiche tecniche sull’opera stessa; oggi ad esempio, ci si può servire di tecniche diagnostiche radiografica che si applica soprattutto nell’arte antica per verificare la congruità del materiale. Ad esempio la presenza di un determinato colore sull’opera potrebbe valere per escluderne l’autenticità qualora la stessa venga fatta risalire ad un periodo nel quale l’utilizzo di quel pigmento era sconosciuto. Per quanto riguarda invece l’arte moderna e contemporanea è necessario invece relazionarsi con le fondazioni e gli archivi di pertinenza. In linea di massima gli artisti storicizzati del ‘900 hanno un loro archivio e una loro fondazione, unici organismi che possono rilasciare dei certificati di autenticità, ossia la carta d’identità dell’opera».


In questo caso è chiaro che l’art advisor non può procedere da solo ma deve interfacciarsi con altre figure. È d’accordo?

«Assolutamente sì. Innanzitutto lo storico d’arte che inserisce l’opera e l’artista all’interno di un movimento culturale e storico specifico “certificando” la qualità dell’apporto dell’opera all’interno di un contesto storico. A seguire anche il gallerista che può, ad esempio, aver seguito il percorso commerciale di quella determinata opera. Altra figura fondamentale è l’avvocato specializzato in diritto dell’arte il quale dovrà seguire tutta la fase contrattuale verificando la presenza di tutti i documenti primo fra tutti il certificato di autenticità».


Cos’è il certificato di autenticità?

«È quel documento, meglio conosciuto come autentica, che attribuisce la paternità all’opera; secondo la legge (L. n. 633 del 22 aprile 1941) il diritto ad autenticare l’opera d’arte spetta in primo luogo all’autore e, dopo la sua morte, agli eredi, alle fondazioni/archivi e ai periti. Questo documento in sostanza si compone di una riproduzione fotografica dell’opera con la retroscritta dichiarazione di autenticità e la descrizione del bene (autore, titolo, tecnica, dimensioni, anno di realizzazione, provenienza e ogni altro elemento utile a descrivere l’opera). Fin quando il certificato di autenticità viene rilasciato direttamente dall’artista, è probabile che non sorga alcun problema. La questione può invece complicarsi quando l’autenticità viene rilasciata da altri. Anche consulenza di un perito nominato da un Tribunale può essere messa in discussione. Ad ogni modo l’acquisto di un’opera d’arte deve essere accompagnata dalla consegna di questo importante documento».


Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, cosa accade al portafoglio dell’investitore?

«In Italia non abbiamo un regime fiscale che incoraggi all’investimento fiscale a differenza di altri Paesi europei. In Italia si applica infatti il 22% di Iva per l’acquisto delle opere d’arte a cui si aggiunge un’altra gabella che è il droit de suite o diritto di seguito entrato in vigore in Italia nel 2006. Il diritto di seguito è il diritto dell’autore dell’opera d’arte (e dei suoi eredi fino al 70° anno successivo alla morte dell’autore) a vedersi riconosciuto una percentuale sulla vendita della sua opera ogniqualvolta questa venga rivenduta. In particolare, la tassa matura dopo la prima compravendita, nel senso che la prima vendita fatta dall’autore è esente da tale tassa. A partire dalla successiva, realizzata anche con la collaborazione di intermediari, galleristi, mercanti d’arte e consulenti, l’acquirente dovrà corrispondere anche questa tassa il cui importo varia in base al prezzo di vendita».


E all’estero cosa accade?

«Ci sono dei Paesi dove invece è molto più conveniente comprare opere d’arte. Si pensi agli Stati Uniti dove l’imposizione dell’Iva è molto più bassa e i relativi acquisti possono essere sgravati fiscalmente. Se invece guardiamo all’Unione Europea, anche la Francia agevola gli investitori in questo settore».


Un buon investitore, secondo lei, deve essere anche un appassionato di arte?

quando si parla di investimento in arte a volte si stacca un po’ la consapevolezza della qualità dell’opera da quella che è la sua resa economica. Personalmente io tendo a scoraggiare l’acquisto dell’opera d’arte tout court ossia solo per fini speculativi. Si tratta di un acquisto che poi si rivela nel tempo fallimentare; deve partire infatti da un interesse genuino verso l’opera verso la storia dell’artista. L’arte non è un settore elitario come spesso è stato considerato; anzi è in tutti i modi lo specchio in cui l’essere umano di coltivare cultura. Banalmente qualunque cosa noi osserviamo in un museo, sia esso un quadro o una scultura, ha avuto una storia. È stato infatti realizzato, venduto, poi è finito nelle mani ad esempio di un collezionista poi rivenduto ad un gallerista ecc… c’è sempre una storia economica dietro un’opera d’arte. Arte ed economia rappresentano un legame assolutamente inscindibile».



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